Autore: Filippo Maria Surace
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19 novembre 2020
“Cos’è una protesi di ginocchio? Una protesi di ginocchio è un presidio ortopedico che sostituisce in parte o completamente l’articolazione del ginocchio nel caso di particolari patologie che ne inficiano, parzialmente o totalmente, la funzionalità. Quando è necessario ricorrere alle protesi? Se l’articolazione del ginocchio viene colpi- to da patologie tali da non consentire al paziente lo svolgimento di una normale attività motoria, o tali da generare un dolore peggiorativo della qualità di vita, ci si sottopone solitamente ad intervento di artroprotesi. In generale, le patologie che conducono all’intervento di artroprotesi sono di tipo degenerativo, dunque artrosi, o infiammatorio, cioè artrite reumatoide, psoriasica, sieronegativa. L’artrosi e l’artrite, soprattutto se in fase avanzata, comportano spesso il ricorso alla sostituzione protesica Come insorgono queste patologie? Spesso, quando si parla di artrosi, si intende una patologia primitiva la cui insorgenza è determinata dalla familiarità, dal morfotipo e dall’ambiente - da tempertura e umidità - a cui è sottoposta l’articolazione durante la vita. A volte però la degenerazione di un’articolazione avviene in seguito a traumi pregressi che hanno danneggiato in maniera più o meno importante l’articolazione, oppure dopo interventi precedenti che hanno in qualche modo indebolito l’articolazione ri- muovendo integralmente un menisco, solo in parte compromesso. Un altro elemento devastante per l’articolazione del ginocchio è il peso. È bene sapere, che nel normale ciclo del passo, il peso incide di tre volte sull’artico- lazione femoro-tibiale; lo stesso accade su quella femoro-rotulea nell’affrontare le scale in salita e in discesa; inoltre, il peso può incidere durante un salto di oltre 20 volte la sua entità: colui che è in sovrappeso di un kg, durante l’atterraggio, avrà il proprio ginocchio gravato di 20 kg in più. Un comparto, poi, può essere più soggetto a deformità e degenerazione se l’asse del gi- nocchio è diverso da zero gradi: più le ginocchia sono vare, cioè a forma di parentesi, e più il comparto interno viene ad usurarsi. Il comparto esterno, invece, tende a degenerare maggiormente in caso di ginocchia valghe, le cosiddette ginocchia a “x”. Come già accennato le ginocchia possono altresì ammalarsi di patologie infiammato- rie o di patologie reumatiche. La sintomatologia in questi casi varia leggermente, essendo questa presente anche a riposo e di notte. Microscopicamente, le lesioni a carico delle articolazioni sono diverse e spesso sono coinvolte nella degenerazione anche le strutture capsulo-legamentose. Esistono diversi tipi di protesi? Oggi le protesi possono essere classificate in base ai comparti sostituiti, al criterio di fissazione sull’osso, alle caratteristiche del design e alla loro filosofia funzionale. gli studi scientifici recenti e le sperimentazioni successive mirano a far sì che il ginocchio protesizzato assomigli sempre di più a quello nativo, sia dal punto di vista morfologico sia da quello funzionale, in maniera tale da permettere all’individuo di ripristinare una qualità̀ di vita assolutamente adeguata ai tempi in cui viviamo. Concetti come pivot mediale, cioè il perno mediale stabilizzatore del condilo mediale nella flesso-estensione, e roll back - cioè il rotolamento e l’avanzamento del condilo femorale mediale e il rotolamento e la sublussazione del condilo femorale laterale nella flessione del ginocchio - sono intrinseci al movimento fisiologico del ginocchio. Lo sforzo delle aziende di settore è proprio quello di riprodurre tali concetti nel ginocchio protesizzato. Dopo quanto tempo la protesi è da sostituire? La durata della protesi ben posizionata può essere superiore ai 25 anni. I pazienti che si sono sottoposti a questo tipo di intervento sono soddisfatti? La percentuale di pazienti soddisfatti dopo l’intervento di protesizzazione del ginocchio varia dall’80 all’85 % dei pazienti operati. Normalmente i pazienti con i risultati migliori sono quelli informati e motivati. L’ospedalizzazione, anche grazie ai nuovi protocolli riabilitativi e anestesiologici, sta diminuendo progressivamente, lasciando spazio in molti ospedali ai ricoveri “fast track” da 3 a 5 giorni. Attualmente questo tipo di protocollo di ricovero viene applicato in Italia, soprattutto a pazienti selezionati, che siano motivati, senza importanti patologie associate, e che vivono in contesti familiari non negligenti.”